Niccolo Fontana

Ad oggi, gli automi sono relegati unicamente nel campo delle pure macchine da intrattenimento, dei gioielli e dei giocattoli, dei robot o ancora delle macchine che imitano il nostro lavoro e la nostra memoria. Dimenticandoci, così, del loro statuto simbolico e delle domande che, osservandoli, ci possiamo porre sulla nostra umanità. Le loro vicende millenarie sono avvolte spesso nella leggenda e chiamano in causa la magia. Le testimonianze sull’esistenza di automi sono molto antiche. In Egitto si parlava di  statue semoventi di divinità già  a partire dalla XII dinastia.

Altre descrizioni leggendarie riguardano il famoso colosso di Rodi, posto all’imboccatura del porto, anche in Cina nel 206 a.C. si parla di un’orchestra in miniatura meccanica con cui venne deliziato il primo imperatore della dinastia Han.

Secondo la leggenda, Archita di Taranto (428 a.C. – 360 a.C.) costruì una colomba di legno capace di muoversi da sola. Fu, però, solo in epoca ellenistica che esplose la voga dell’automa infatti i bizantini si diedero da fare con leoni ruggenti e uccelli meccanici capaci di stupire i visitatori della sala delle udienze dell’imperatore (IX secolo).

In Europa queste tecniche vennero applicate agli orologi ad acqua per poi estendersi alle complicate torri campanarie. Come si sa, fu  il settecento il “secolo d’oro degli automi” e il celebre orologiaio e prestigiatore Robert Houdin costruì macchine complicatissime per meravigliare il pubblico parigino.

Da dove arriva questa singolare fantasia di riprodurre meccanicamente dei simulacri di vita? Forse dal desiderio di imitazione sempre presente in noi esseri umani? Dal desiderio di comprendere se stessi per rispecchiamento ?

Se mi trovo a scrivere queste poche pagine é per il fascino che queste storie hanno da sempre esercitato nei miei confronti, a tal punto da farne materia di studio e di riflessione tramite la rappresentazione che ultimamente porto a teatro nello spettacolo “Incanti”.

 

Automa come automaton, da cui il nome della mia performance, ovvero ciò che si muove da sé. Rileggendo meglio ci accorgiamo dell’ambiguità di tale definizione, infatti, se l’automa è ciò che si muove da sé, noi in realtà pensiamo ad altro quando pensiamo ad un automa, diciamo che è qualcosa che si muove per volontà di un altro, qualcosa che non può agire spontaneamente. Da qui  la domanda: ma allora che cos’è un automa? 

La prima risposta che potremmo fornire è che un automa è una macchina che si muove da sé o se-movente, che ha in sé i principi del suo movimento, per lo più una macchina che imita i movimenti. Questa brutta definizione porta con sé, però, un’utile contraddizione, se l’automa è una macchina che si muove da sé allora tutti gli umani potrebbero essere definiti come degli automi. Eppure secondo la tradizione metafisica l’unico automa è Dio. Le macchine come l’automa non sono spinte, si muovono per conto di un ingranaggio contenuto al loro interno che imita un movimento e questo ci ricorda il dibattito degli idealisti con i materialisti: un essere si muove perché ha un’anima o perché ha dei principi meccanici che la muovono? Dunque, se poc’anzi abbiamo detto che un automa è una macchina che si muove da sé e che contiene in sé i principi del suo movimento potremmo ora dire che un automa è ciò che si muove secondo la volontà di un altro. Infatti, sono io che costruisco e metto in moto la macchina, attraverso il mio ingegno, quindi si tratta di una macchina dotata di automatismi, quindi una macchina che non ha più nessuna volontà o un essere umano che si è ridotto a non avere più nessuna volontà.

Ecco che abbiamo detto prima una cosa e successivamente il suo contrario all’apparenza. L’automa è qualcosa di cieco, di automatico, imita l’azione volontaria e spontanea ma in realtà non è così. Tutto il suo essere è una mera imitazione.


Giungiamo quindi come suggerisce il filosofo Carlo Sini in “L’uomo, la macchina , l’automa” alla definizione forse più adeguata di automa fornitaci da Mario G. Losano,  un automa è ciò che cerca di riprodurre le sembianze animali nei due aspetti più inimitabili: il movimento e il suono.

L’automa è un’imitazione, imita il vivente, è così straordinaria, impressiona, eppure, non convincerà mai del tutto. Sembra impossibile che un automa arrivi al punto di ingannarci e quindi di comportarsi in modo così “naturale” da non tradirsi mai nella sua essenza di automa.

Il lettore più attento si starà domandando perché il movimento e il suono siano le caratteristiche inimitabili del vivente. Il movimento, della parte rispetto al tutto potremmo dire, è legato alla libertà, alla causa del movimento stesso. Il movimento è la questione cardine di ogni scienza.

E il suono?

Beh il suono o la voce per noi umani è il mezzo attraverso il quale possiamo esprimere il nostro pensiero. Certo potremmo dubitare circa il fatto che vi possa essere espressione di un pensiero al di fuori del linguaggio e che anche questo linguaggio sia a sua volta un automatismo dell’uomo ma non è questo il luogo dove parlarne.

Tornando a noi, il sogno della tecnica dell’automa, laddove l’automa ha raggiunto la sua massima realizzazione, è consistito, in passato, nel realizzare una statua se-movente, ad altezza naturale, come un uomo o una donna capace di simulare le movenze spontanee, libere e fluide di un essere umano e che per di più parlasse, come per esempio l’automa con testa di diavolo preservato presso il Castello Sforzesco di Milano probabilmente ideato don Manfredo Settala (1590 d.C. – 1610 d.C.) capace di muoversi ed emettere suoni inquietanti.

Certo, ai limiti dell’impossibile perché sono queste le due funzioni: il movimento e il suono che caratterizzano l’essere umano. L’essere umano  va dove vuole e pensa quello che vuole, ciò che si muove da sé e ciò che pensa da sé. Qui c’è tutta la questione circa la nostra umanità. Così potremmo dire che l’automa é il doppio dell’uomo ma non nel senso più banale ovvero posso fare è creare un essere come l’uomo di cui tanto si sente parlare al giorno d’oggi quando Boston Dynamics lancia i suoi nuovi prodotti.

L’uomo ha il suo doppio nell’automa e l’automa ha il suo doppio nell’uomo e se ciò che può darci la sensazione della presenza dell’uomo, se questi fattori sono la voce ed il movimento allora bisogna comprendere in che modo questi due elementi originano da sé. Cioè davvero l’uomo si muove spontaneamente, davvero l’uomo pensa spontaneamente? Ecco Freud non sarebbe molto sicuro di questa seconda parte. E’ forse l’uomo dotato di automatismi, nel senso che hai in sé i principi del movimento o questi non gli appartengono affatto? Potrebbe forse essere considerato come un automa anch’esso, un automa costitutivo, strutturale? E a questo punto potremmo sintetizzare questa questione con la domanda: l’uomo dice la verità o mente? Quello che quest’uomo rappresenta, incarna, è il vero o no? 

Si dice che l’uomo sarebbe fatto a imitazione di Dio, egli è ciò che veramente si muove da sé potremmo dire, ma se così fosse non sarebbe forse l’uomo un automa?

La somiglianza con Dio non è data dalle braccia o dalla bocca ma dal fatto che è dotato della libertà e del pensiero. Tornando quindi alla seconda definizione di automa fornitaci da Sini ci immaginiamo un creatore come nei film di fantascienza che costruisce le macchine e le fa agire secondo la sua volontà. Rimanendo ancorati a questa concezione stiamo così dicendo che ciò che si muove va pensato come qualcosa che si muove secondo la propria volontà. Questo forse è molto cristiano ma poco filosofico perché, a sua volta, ci dovremmo chiedere : da dove deriva questa volontà? 

Ciò che si muove da sé è ciò che non ha nessuna causa, che non ha una volontà. Ciò che si muove da sé si muove secondo necessità. Ma, la necessità è legata alla libertà? Io credo di no, in Dio, la necessità e la libertà sono la stessa cosa, egli non può muoversi diversamente da come si è mosso e questa è la sua libertà. Egli è libero da ogni causa. Quindi seppur sia vero che Dio o la natura per lui ha generato la macchina uomo affinché facesse quello che aveva in mente, non ci possiamo esimere dal porci nuovamente la domanda: io ero libero di volere quello che voglio? Ero libero di pensare quello che ho pensato? Ero libero di muovermi come mi sono mosso? O io a mia volta non sono che l’automa di Dio, cioè colui che si muove per somiglianza e imitazione di ciò che è necessariamente come è. 

Allora da qua vorrei partire, da queste domande che altri si sono posti prima di me, dalla storia degli automi e delle macchine da divertisment. Così nel prossimo capitolo racconterò tutto il processo di creazione di un automa nel XXI secolo, del mio automa, e del senso che ha per me portare in scena una vecchia macchina. 

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